Esperienze

L’estate era passata. Era stata impegnativa ma avevo capito e verificato la forza della nostra famiglia; solo l’amore, solo l’unione può dare la forza per affrontare le difficoltà che nella vita si incontrano. Francesco ed io finalmente iniziavamo a viaggiare alla stessa velocità; avevamo deciso di scendere insieme dal treno in corso della vita. Era davvero bello ritrovare i nostri sguardi e finalmente riuscire a parlare senza rabbia, senza incomprensioni. La strada era ancora lunga, ma avevo sperimentato che se noi eravamo tranquilli e uniti tutto funzionava meglio e soprattutto le nostre bimbe potevano essere sempre più serene e felici. Mia madre, con l’aiuto di Marika, ci diede la possibilità di partire per un week-end, un week-end tutto per noi. Che emozione. Fu bellissimo. Soli, finalmente la coppia iniziava ad avere la sua dimensione e il suo spazio. Qualche risata spensierata, qualche sguardo di intesa ed anche discorsi più profondi; uno scambio di energia e consapevolezza di ciò che ci stava accadendo. Quello spazio fu davvero prezioso. Così, verificando che per noi era importantissimo avere uno spazio tutto nostro, chiedemmo a Marika se era disponibile per tenerci le bimbe anche per qualche ora nel week-end per un cinema, una pizza o altro. Quei momenti ci davano la carica e la tranquillità per donare poi alle bambine tutta la serenità che meritavano.

Quando una famiglia attraversa un Terremoto emotivo come il nostro ha bisogno di grande sostegno; la coppia avrebbe bisogno di sostegno, ogni singolo componente ne avrebbe bisogno. Sarebbe bello che da ogni parte arrivassero dei supporti per agevolare il percorso di ricostruzione, per creare un circolo virtuoso. Si può rinascere insieme, ma si può finire anche nel baratro insieme. Dalle famiglie allargate, dagli amici, dalla comunità, dalle istituzioni: tutti dovrebbero sostenere. Perché una vita possibile esiste, e non sentirsi soli aiuta tantissimo. Mia sorella, i primi anni della diagnosi veniva solo con uno dei suoi figli a trovarci perchè per Noemi era troppo impegnativo avere in casa tante persone; lei pur di aiutarmi accettava quella modalità, con la consapevolezza che Noemi piano piano sarebbe riuscita. Infatti quell’anno riuscì a venire con entrami i figli e suo marito. Quell’attesa, quel rispetto nei confronti di Noemi e della sua difficoltà per me fu una grande prova d’amore da parte di mia sorella. Ho apprezzato tantissimo tutto l’aiuto che ci è stato donato. C’è bisogno di tanta informazione, di tanto dialogo e di ascolto per rompere i muri della distanza che a volte mettiamo per proteggerci da cose o situazioni che non conosciamo, e che invece potrebbero arricchire la nostra vita regalandoci prospettive e sguardi diversi.

Vedevo Noemi fiorire giorno dopo giorno. Nonostante le difficoltà che incontrava, la piccola era così amata, così sostenuta, così circondata di affetto che tutto le permetteva di andare oltre. Le esperienze che le facevamo fare erano nutrimento e allenamento. Noemi scopriva il mondo che la circondava, e noi scoprivano il mondo attraverso i suoi occhi. Tutti i bimbi con disabilità hanno bisogno di fare esperienze, perché le esperienze sono importanti e completano le terapie. La società dovrebbe rendere ancora più agevole per le famiglie accedere a strutture o eventi gratuitamente; esistono degli sconti, ma dovrebbero davvero rientrare nelle terapie. Dar loro la possibilità di viaggiare, sperimentare: dovrebbe esistere un Protocollo delle Esperienze. Mi piacerebbe immaginare un mondo dove questo possa essere davvero possibile.

Il Progetto Scuola-Casa anche quell’anno scolastico andava avanti, solo con l’aiuto di Marika. I bimbi venivano a casa tre pomeriggi alla settimana; avevamo prenotazioni con la profondità di un mese. I suoi amici erano davvero felici di venire a giocare, e Noemi altrettanto. Un allenamento che le permetteva di crescere insieme ai suoi amici, nel rispetto delle sue modalità e nel rispetto delle modalità dei suoi amici. Lei adora stare con gli altri, ma la sua difficoltà era ed è, quella di non sapere come fare. Quell’allenamento alla relazione fu un grande ritorno emotivo per Noemi perchè era proprio felice di condividere. Così, piano piano Noemi riusciva a tirare fuori il suo carattere birichino: una bimba piena di sorprese. A volte, se mi soffermavo a pensare a quanto teneva dentro perchè non sapeva come fare, mi si stringeva il cuore. Insegnandole vedevo che aveva tantissimo da esprimere e da condividere; doveva proprio capire come si faceva, doveva allenarsi. Così mi rincuoravo, pensando che un passo alla volta avremmo centrato l’obiettivo: renderla libera di esprimersi al meglio. In quel periodo iniziavano anche i primi capricci, i primi litigi con Nicole. Che emozioni meravigliose sentirle litigare; posso sembrare matta, ma sentirle relazionarsi e confrontarsi mi dava una grande felicità, perchè ognuno iniziava a dire la sua. Noemi, oltre alle sue difficoltà, era una bimba tutta da scoprire. Non ho mai creduto nella definizione di Bimbi Speciali; tutti i bimbi sono speciali perché ognuno ha le sue caratteristiche. Non mi è mai piaciuto etichettare un bambino in una definizione. Così iniziai a guardare Noemi nel suo insieme, una bimba con delle difficoltà ma anche una bimba con il suo carattere. Un meraviglioso caratterino, una bimba con mille sfaccettature; insomma Noemi e “Le mille me”. “Le mille me” è una canzone di Levante che Marika ha donato e condiviso con Noemi, e che quando l’ho ascoltata mi ha fatto riflettere; Noemi era molto molto di più di una diagnosi o di un’etichetta. La canzone dice: “… lasciami mostrare tutte le mie mille me.”; era questa la linea da seguire. Iniziavamo anche con i NO, adesso potevamo iniziare; tutte emozioni che mi riempivano il cuore.

Iniziai anche ad osservare la nanna di Noemi; quando eravamo spensierati o in vacanza tutti insieme lei si addormentava tranquillamente senza tante difficoltà, invece nella routine aveva bisogno dell’accompagnamento all’addormentamento. Parlai alla mia dottoressa di quanto avevo osservato, e lei mi spronò e mi rassicurò sul fatto che era arrivato il momento di provare ad interrompere il regolatore del sonno, la medicina che ormai Noemi prendeva da due anni. Fu una grande sfida. Avevo tantissima paura di ritornare a non dormire, e di sentire quelle emozioni che Noemi mi trasmetteva quando non dormiva. La mia dottoressa mi disse di crederci fortemente perché Noemi era pronta; la sua sicurezza, la sua fiducia mi diedero la giusta carica per provarci. Sera dopo sera, continuando l’accompagnamento alla nanna, Noemi si addormentava tranquillamente. Mi sentivo impazzire dalla felicità. Un’altro traguardo centrato. Era davvero possibile. Ogni successo ,ogni obiettivo perseguito mi facevano capire che nella costanza, nel crederci e nel seguire i giusti consigli, era DAVVERO possibile.

Noemi aveva anche iniziato un percorso logopedico; logopedico mi dicevo, incredibile. La dottoressa che iniziò a seguirla era la stessa che circa un anno e mezzo prima ci aveva comunicato che era troppo presto, che Noemi non era pronta, e che non sapeva darci nessuna sicurezza sull’evoluzione del linguaggio. Quando ci comunicò quanto da lei osservato, due anni prima, io piansi e piansi tantissimo; quel giorno fu un lungo e dolorosissimo viaggio in macchina, anche perchè Noemi iniziava a rispondere, iniziava a comunicare. Quel momento fu per me una bruttissima battuta di arresto. Ma dopo aver pianto tutte le mie lacrime rientrai a casa, Noemi mi abbraccio ed io l’abbracciai, e pensai che dovevo crederci; non era il momento giusto, ma forse più avanti sarebbe arrivato. Ed infatti fu così. Credere che le cose possano cambiare è la forza e la benzina per andare avanti. Alla nostra meravigliosa rete si aggiungeva quindi anche Jade.

L’Asl arrivò dopo quasi tre anni. Dopo aver rivalutato Noemi con dei test, ci assegnarono un educatore dell’Asl che avrebbe supportato Noemi, ovviamente per pochissime ore. L’educatore è sempre stato con noi e con Noemi professionale, gentile e disponibile. E’ veramente un peccato che tutto il sistema Asl non funzioni come dovrebbe. Non c’è informazione, non c’è un inter unico per tutti i genitori di bambini disabili, c’è tanta confusione. Le conseguenze di tutta questa disorganizzazione e mancanza di fondi ricadono sui bambini. In tante riunioni ci siamo sentiti dire: “Mancano fondi; non abbiamo abbastanza educatori; non ci sono le logopediste; sua figlia è grande per l’intervento precoce; ha diritto a solo 4 ore al mese.” Tutte frasi inascoltabili. Un genitore di un bambino disabile non può portare anche il peso di uno stato, di un Asl che non riesce a supportare lui e suo figlio. Non è giusto. O perlomeno non dovrebbero dire queste frasi, dovrebbero avere più tatto e capire che difronte hanno due genitori che a fatica ogni giorno cercano di vivere e di aiutare il proprio bambino.

In quel periodo compresi che non riuscivo più a tenere il ritmo con il lavoro. Ho affrontato tanto questo argomento con la mia dottoressa, sulla pericolosità del fermarmi; valutando tutti i pro e i contro decisi di utilizzare tutto il congedo che mi restava. Quell’anno era importantissimo; Noemi l’anno successivo avrebbe iniziato la prima elementare. Se davvero volevo far funzionare la nostra famiglia, dovevo fare un passo indietro e concentrare tutte le mie energie. Per poter seguire tutto ci vuole tanta lucidità. Avevo Nicole che cresceva nella sua modalità, Noemi che aveva la sua, e finalmente avevo al mio fianco Francesco. Dovevamo investire quante più energie per permettere alla famiglia di crescere insieme, e di continuare il percorso intrapreso. Francesco aveva ed ha un lavoro che in quel periodo lo portava tanto lontano da casa anche per due giorni la settimana. Marika c’era ed è sempre stata al nostro fianco, ma non avendo altri aiuti quella scelta fu quasi naturale. Anche perchè iniziavo a sentirmi, e avevo bisogno di uno spazio per ricaricarmi, per fermarmi fisicamente e mentalmente. Le pressioni erano tante e avevo necessità di utilizzare al meglio le energie disponibili. Questo è uno dei tanti insegnamenti della mia dottoressa: nel pensiero di ogni azione dovevo capire il dispendio di energie fisiche ed emotive, e capire se potevo farlo, dando le giuste priorità.

Tutte quelle scelte: l’aiuto costante di Marika, lo spazio mio e di Francesco per uscire, la scelta mia lavorativa, i supporti della mia famiglia emotivi e pratici, Adriana, i nostri sostegni, la condivisione con le persone che ci circondavano, generarono tanta tranquillità; tranquillità che si respirava in casa nonostante il trambusto che ci girava intorno, nonostante tutto quello che non funzionava . Tutte queste scelte portarono tanti risultati. Nicole era sempre più libera da tutti noi e sorrideva, aveva le sue amiche, aveva i suoi problemi della sua età, ed io riuscivo a viverli con lei e a condividerli. Riuscivo a seguire Noemi, a capire e ad  anticipare gli eventuali ostacoli. Con Francesco un pezzetto alla volta ricostruivamo ciò che avevamo interrotto. Ed infine IO: IO ESISTEVO, IO SORRIDEVO, IO VIVEVO.

Esperienze : la chiave per aiutarla a crescere e conoscere il mondo che la circonda.
Asilo e Progetto Scuola-Casa.
Marika, un sostegno importantissimo .
I primi litigi.
Allenamenti.
La famiglia cresceva insieme.
Compleanno di Noemi in piscina . L’acqua è la sua passione .
Organizzato da Claudia ,Alessandra, Marika e Francesca.
I nostri meravigliosi viaggi a Napoli , ricariche d’amore .
Io e Francesco i nostri momenti.

2 pensieri riguardo “Esperienze

  1. Noemi crescendo sta diventando un’altra bambina. Con il tuo aiuto ha una marcia in più quello che mi piace é carnale e con la sua simpatia e naturalezza ti lega a se per sempre.
    Certamente vedere i risultati sono senz’altro positivi ma al centro di questo rinnovamento c’ è sicuramenre la regia della mamma presente tutti i giorni e sempre pronta.
    FORZA ALBA CHE CE LA FAI……

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