Pensa, credi, sogna.

Quell’anno che ci lasciavamo alle spalle prima delle vacanze estive era stato impegnativo e pieno di emozioni negative e positive, un pò come andare sulle montagne russe. Francesco era anche stato male fisicamente: aveva avuto una flebite ad una gamba; anche il suo corpo iniziava a risentire di tutta quella tensione e di tutti quei mesi faticosi. C’è da dire che per un libero professionista una situazione familiare così impegnativa è davvero un disastro; questa categoria lavorativa non ha diritto ad ammalarsi, figuriamoci fermarsi per accudire una figlia con disabilità. Considerando anche tutte le spese che avevamo, comprendevo bene tutto quello che Francesco mi diceva: le sue preoccupazioni, tutte le sue tensioni, ma io avevo solo sguardi per cercare di mettere tutto in ordine dentro e fuori la famiglia; senza una pace familiare, e senza Noemi e Nicole in protezione non potevamo neanche pensare ed avere la lucidità per capire cosa fare e come aiutare la nostra famiglia. Lui aveva bisogno del suo spazio per elaborare ciò che stava accadendo, aveva bisogno di un supporto emotivo per ottimizzare al meglio le sue risorse. La mia dottoressa mi consigliò un supporto anche per lui. Provai a spiegargli il motivo e l’importanza di quel sostegno, ma era davvero difficile comunicare. Gli consegnai il numero di telefono del dottore e speravo che prima o poi componesse quel numero. Lui era ancora sul treno in corsa, frullato dalla vita e dai pensieri.

L’asilo stava per finire. Che paura che avevo! Come avrei fatto a seguire Noemi tutte quelle ore? Due mesi interi senza scuola, dovevo organizzarmi. Parlai con la direttrice dell’asilo chiedendole di iscrivere Noemi al centro estivo; la risposta fu che doveva informarsi, per capire se il comune aveva fondi per coprire le ore di sostegno. Io mi bloccai. Mi accade spesso quando certi pensieri mi entrano e non riescono ad uscire perchè inaccettabili. Tutti i bambini hanno pari diritti, quindi anche Noemi aveva diritto ad accedere al centro estivo. Mi domandavo: perché sempre dei problemi? Perché la sua possibilità di iscrizione non era automatica? Enrica mi aiutò a capire chi contattare per sollecitare il sostegno. Noemi come era giusto riuscì ad ottenere delle ore di sostegno e iniziò a frequentare il centro estivo. Insieme ad Alessandra arrivò una nuova educatrice per quel periodo estivo, Elena, che con la sua meravigliosa tranquillità e professionalità riuscì ad entrare subito in rete per aiutare Noemi ad utilizzare quelle ore nel miglior modo possibile.

Tutto quello che facevamo era un allenamento per Noemi e per tutta la famiglia. La mia dottoressa mi consigliò di utilizzare i giorni delle vacanze per sperimentarci sempre noi soli in famiglia, per provare a viverci senza pressioni esterne. Noemi in Luglio frequentava il centro estivo, e nei week-end andavamo al mare in Romagna. La nostra reazione al primo giorno di mare fu un disastro! Arrivammo in spiaggia e Noemi partì verso il mare; camminando e camminando in acqua , senza mai girarsi. Non riuscivamo a prenderla in nessun modo. Furono attimi di grande smarrimento. Chiamai Rossella spaventatissima; non volevo più andare al mare, era troppo difficile. Lei mi tranquillizzò e ci spiegò che non dovevamo mai dimenticarci di avere un pensiero prima di fare qualsiasi cosa. Bisognava creare delle situazioni che potessero sempre contenerla. Non potevamo pensare di andare al mare, di sederci sulla sdraio e guardare le bambine giocare. A Noemi bisognava insegnare a giocare, e al mare era sicuramente più complicato per lei; c’erano tantissimi stimoli: il sole, il caldo, il mare, la sabbia, le urla e i pianti degli altri bambini, e un’infinità di cose che per noi da gestire sono la normalità, ma per Noemi sono difficilissime. Dovevamo allenarla un pò alla volta. Così, sia Rossella sia la mia dottoressa mi spiegarono che Noemi aveva la percezione di alcuni sensi alterata; alcuni rumori per lei erano fastidiosissimi, e anche il troppo caldo o la troppa luce negli occhi potevano provocarle delle crisi. Questo non dovevamo dimenticarlo mai.

Noemi da sempre aveva l’abitudine di stendersi per terra ovunque. Rossella ci spiegò che quando aveva caldo, quello era il suo modo per rinfrescarsi; non sapeva come chiederci aiuto. Dovevamo prevenire e capire se il luogo era troppo caldo o se Noemi aveva caldo; la dovevamo rinfrescare per tempo e verbalizzarle “Noemi è caldo”, così che iniziasse a capire cosa provava in quel momento. Un’altra cosa che faceva era quella di leccarsi il dorso della mano per poi inumidirsi la bocca e il naso, provocando un gran rossore e lesionandosi la pelle del contorno labbra. Era difficilissimo prevenire e bloccare quel comportamento perchè era continuo e imprevedibile. Ogni comportamento non funzionale parte sempre da un fastidio o da una necessità che spesso i bambini non riescono ad esternare, e che poi diventa una ripetizione, una stereotipia. Tentammo di bloccare il meccanismo fasciandole le mani, come un pugile, così lei non riusciva a bagnare la mano e non poteva inumidire il viso. Ci volle tantissimo tempo per interrompere quel comportamento, ma ci riuscimmo. Per lei era un bisogno: doveva ripetere quel/quei comportamenti per tranquillizzarsi e procedere nelle sue azioni quotidiane. Era un comportamento disfunzionale: doveva perderlo e capire che non serviva a gestire le situazioni intorno, ma tutto sarebbe continuato normalmente. Potrei elencare tantissime di queste situazioni, e per ognuna abbiamo sempre cercato di capire sopratutto da cosa fosse provocata, così da aiutarla anche a non farlo più e a non mettere in moto il meccanismo di ripetizione. Capii che quel comportamento della mano era provocato dal fastidio del raffreddore; così appena vedevo Noemi raffreddata dovevo subito intervenire per evitare che si innescasse il meccanismo. La cosa che mi preoccupava e creava ansia era sempre che lei non avesse tutti gli strumenti per comunicare quei fastidi. La mia dottoressa e Rossella mi tranquillizzavano; bisognava fare un passo alla volta. L’importante era osservarla e aiutarla al momento opportuno.

Quanta stanchezza provavo, sopratutto perché dovevo accettare che non potevo più improvvisare nulla e dovevo sempre cercare di capire e trasformare ciò che vedevo. Ma cercavo sempre di guardare anche la mia bimba; ogni suo comportamento era comunque una forma di comunicazione con gli strumenti che lei aveva, e si trasformavano in comportamenti non funzionali se non “ascoltati “. Non abbassavo mai la guardia. Era stancante, ma il ritorno emotivo che provavo quando riuscivo ad aiutarla e a comunicare con lei era così forte, così emozionante, che mi ripagava di tutte le stanchezze emotive e pratiche.

Da quel momento decisi che Noemi doveva provare tutto; doveva allenarsi a sperimentare. Solo così avrebbe potuto abbattere alcune delle sue difficoltà. Iniziammo dai roller, poi bici, nuoto, arrampicata con Rossella, ristoranti, treno, funivie, lunghi viaggi in macchina; ogni cosa era programmata, pensata, e preparavamo Noemi con immagini visive così che lei potesse capire cosa stava accadendo. Elaboravamo una strategia per ogni situazione. Ad esempio nei ristoranti c’è sempre un gran rumore di voci di tante diverse persone; noi avevamo trovato il modo per evitare di far avere reazioni di crisi a Noemi, non rinunciando così ad andare a pranzo fuori. Arrivavamo al ristorante prima di tutti, in modo che il senso dell’udito si adattasse piano piano all’aumento del rumore e rispettavamo i suoi tempi; si mangiava e poi si andava via senza perdere tempo. Era più complicato in caso di inviti a cerimonie o festeggiamenti; in quel periodo era difficile spiegare che Noemi non era ancora pronta a tante stimolazioni tutte insieme. Non sempre venivamo compresi; era difficile spiegare, ma sopratutto per me molto doloroso. Muoveva in me un gran senso di incomprensione. La mia dottoressa mi sosteneva ad elaborare anche quelle fatiche.

Noi come famiglia non ci sentivamo frenati, e Noemi sperimentava se stessa nel mondo che la circondava. Certo dovevamo accettare ed elaborare il fatto che ogni volta dovessimo sempre pensare prima di fare, e che dovessimo fare un passo alla volta. Noemi ha avuto sempre una caratteristica importantissima; era curiosa di vedere e di capire, e questo era un aggancio importantissimo, sfruttato al massimo da noi.

A fare terapia da Rossella andavamo sempre tutti insieme: io, Noemi, Nicole e Marika; era complicatissimo andarci da sola perchè era in centro a Bologna, a circa 30 Kilomentri da casa e in piena ZTL. In più Noemi dopo le terapie era sempre stanchissima, e serviva qualcuno che la controllasse dietro in macchina. Un giorno faceva caldissimo; al rientro scendemmo dalla macchina tutti stremati e tutti felici di essere finalmente arrivati. Mentre salivamo le scale Noemi cadde e si tagliò sopra il labbro. Usciva tantissimo sangue. Io e Marika abbiamo subito cercato di prendere in mano la situazione, Nicole era spaventatissima. Mi resi conto che la ferita era molto molto profonda, così chiamai Valentina che fortunatamente riuscì ad arrivare subito. Anche lei mi confermò che la ferita era troppo profonda, bisognava andare in ospedale. Marika si offrì di stare con Nicole; arrivò anche Francesco e corremmo nell’ospedale più vicino casa. All’accesso ci chiesero cosa fosse accaduto e specificammo che Noemi era autistica. Detto questo ci informarono che non sapevano come fare, non avevano nessuno protocollo da seguire e ci consigliarono di andare a Bologna in un altro ospedale più attrezzato. Io non ci volevo credere. Noemi era piena di sangue, stravolta dalla situazione che non comprendeva, e l’ospedale ci CONSIGLIAVA un altro ospedale. Con tanta pazienza e incredulità ci recammo a Bologna; con noi c’era anche Valentina, mia cognata che è medico anestesista. Arrivati all’ospedale, appena sentirono che Noemi aveva l’autismo l’infermiere al triage si allontanò e lo sentii parlottare a bassa voce con altri colleghi. Io ero veramente finita, non capivo, anzi non volevo capire perché era veramente assurda quella situazione. Mio marito cercò di tenere la calma e parlò con l’infermiere che dopo un pò ci fece entrare. Il dottore non sapeva come fare; aveva paura di creare in Noemi qualche reazione. Io, cercando di restare calma, pensavo all’ingiustizia di tutta questa non preparazione, di questa disinformazione, di tutta questa approssimazione. Ma cavolo, c’era lì una bimba che aveva bisogno di cure, e non aveva bisogno di sentire l’ansia di tutti noi, soprattutto del dottore. Alla fine mia cognata diede indicazioni al dottore su come calmare, tenere e curare Noemi; anche se Noemi necessitava di punti, le misero solo delle “farfalline”, dei cerotti che avrebbero aiutato la cicatrizzazione. Uscimmo da quell’ospedale tutti a pezzi. Noemi crollò in macchina dalla stanchezza e dalla tensione; io ero inferocita perchè non era giusto non avere un supporto medico, un supporto. Ma perché nessun medico “preparato”? Perché? Eppure noi come famiglia stavamo imparando un passo alla volta per capire come fare, e come aiutare Noemi. Perché le istituzioni che dovevano saperne più di noi erano all’oscuro? C’era qualcosa che non mi tornava, e ancora oggi non mi è chiaro. Se esiste un modo per interagire con questi bambini.. perché c’e tanta approssimazione? Perchè tante figure che dovrebbero sapere, non sanno? Rientrammo a casa con una grande sensazione di vuoto dentro. Furono giorni difficili perchè Noemi non voleva accettare quella medicazione, ma fortunatamente le vacanze si avvicinavano.

Per Agosto mia madre ci propose di andare solo noi 4 nella casa di famiglia in Calabria,lei ci avrebbe accolto a Napoli , permettendoci di dividere in due tappe il viaggio da Bologna. Apprezzai moltissimo; Lei c’era e c’è sempre quando abbiamo bisogno. Andare in un posto per me molto significativo e sopratutto un luogo che ci potesse contenere tutti emotivamente era per me importantissimo. Lì ci conoscevano e non avevamo bisogno di dare tante spiegazioni; lì ci volevano bene. Con Francesco accettammo la proposta di mia madre, ma decidemmo di portare le bimbe anche in montagna così da sperimentare il più possibile. Francesco adora il mare ma ama tanto la montagna e gli animali; quella era la sua modalità di relazionarsi con le bimbe, facendogli conoscere un parte di sè. Fu una vacanza, per quanto impegnativa, meravigliosa. Noi 4 funzionavamo benissimo insieme. Provammo di tutto e ci divertimmo tantissimo. Ci dovevamo preparare ad un anno scolastico impegnativo; dovevamo ricaricarci tutti.

Mancavamo ancora noi due; la coppia mancava all’appello, ma era presto. Dovevamo prima ritrovarci singolarmente, far pace con noi stessi, uscire dalla nostra tempesta personale. In quella vacanza iniziammo a parlare. Raccontai a Francesco le emozioni che provavo quando andavo dalla mia dottoressa e quanto stavo conoscendo di me. Lui iniziava ad ascoltarmi, ma sopratutto vedeva che realmente stavo meglio. Il percorso era ancora lungo. Noemi mi insegnava tutti i giorni a non mollare; lei così piccola non si arrendeva mai… come potevo io smettere di crederci e di sognare?

Cercavo di capire e di ascoltarla .
I nostri momenti unici .
Centro estivo.
Marika e Noemi , iniziavano a conoscersi .
Esperienze al mare in Romagna .
La ferita.
In viaggio verso la Calabria con tappa a Napoli , era importante spiegarle i vari spostamenti , utilizzavamo sempre il visivo.
Ritorno a casa con tappa a Napoli , mia madre si preparava per accoglierci nel miglior modo possibile .
Da Bologna verso il Trentino . Tante esperienze , occasioni uniche .

4 pensieri riguardo “Pensa, credi, sogna.

  1. Salve Alba..la storia che ci permette di condividere è straordinaria ! Una miscela potente di sentimenti e stati d’animo , dall’abbattimento all’entusiasmo per i progressi di Noemi, dalla rabbia di fronte alle inefficienze a cui presto subentra la gioia delle soluzioni positive,dell’incontro di persone di valore che danno un aiuto importante…ma tutto questo non è un caso: perchè arrivino dei risultati,ci vogliono impegno,costanza,determinazione,ma soprattuto AMORE e CORAGGIO,doti che non le mancano certamente e che la sua “dottoressa” ha sapientemente fatto emergere. Secondo me ci vuole un passo ulteriore: da Medico ritengo che queste esperienze debbano essere portate a conoscenza di una platea più vasta (il blog mi sembra limitato),quindi bisogna pubblicare un bel libro che, col supporto di un DVD per i filmati e le immagini, informi sulle possibilità di successo chi vive una situazione simile alla vostra. Servirà anche ai Medici,perchè non si ripetano mai più storie come quella dei PS di cui ha scritto…e anche a chi amministra,perchè vale la pena di destinare più fondi al settore specialistico. Complimenti ancora,senza dimenticare Francesco.
    Francesco

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    1. La ringrazio moltissimo per l‘attestazione di stima nei confronti miei e della mia famiglia . Le sue osservazione hanno per noi un grandissimo valore . Un medico con un cuore grandissimo .

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  2. Hai sempre creduto in noemi e sempre ci crederai la tua forza è di coinvolgere in questo percorso sempre più persone che all’inizio non ci credevano ma visti i risultati obiettivamente devono ricredersi.
    L ‘idea di pubblicare un libro non mi sembra male visto che scrivi molto bene in modo accattivante tanto da fare incuriosire nella lettura per sapere al più presto il finale.
    Un abbracio e un bacio fortissimo da utilizzare nei momenti di sconforto e depressione.

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    1. Grazie mille Michelangelo . Un abbraccio grandissimo

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