Cambio direzioni

Le vacanze si avvicinavano. La mia dottoressa mi consigliò di partire solo noi 4, lontano da tutti e tutto; avevamo bisogno di un po’ di intimità familiare per capire, per elaborare ciò che stava accadendo. Mi mancava tantissimo Francesco, ma era tutto così complicato e lungo da spiegare; tra cose pratiche ed elaborazioni emotive diventava difficilissimo parlare. In casa era tutto in trasformazione, e anche io ero in trasformazione. Rossella ci dava indicazioni e suggerimenti sul come relazionarci con Noemi, su come fare per aiutarla a trovare un modo per comunicare con noi. Ho modificato per prima cosa il mio tono di voce e la quantità elevata di parole che dicevo; dovevamo poi rendere la casa il più ordinata e chiara possibile. Bisognava fare una cosa alla volta: se si mangiava niente tv, se si giocava si giocava. Bisognava diminuire al massimo le distrazioni per non sovraccaricarla.

Il giorno della diagnosi la Neuropsichiatra ci disse che forse Noemi non avrebbe mai parlato. Rossella fu molto delicata con me; trovava sempre le parole giuste, e quando non c’erano parole il suo sguardo diceva tutto. Io la sentivo. Anche lei mi confermò ciò che la neuropsichiatra ci disse riguardo al linguaggio; nell’eventualità ci avrebbe insegnato il linguaggio dei gesti. Non mi sentivo sola nell’affrontare questo.

La preoccupazione più grande che avevo era di non riuscire ad aiutare Noemi tutte che le volte che ne avesse bisogno; avevo paura che non riuscisse a farmelo capire, e che questo la facesse stare male. Queste erano le mie paure. La dottoressa che mi seguiva mi ha sempre esortato a guardare Noemi; mi spiegò che la comunicazione non è sempre solo verbale, ma è anche fatta di gesti e di comportamenti. Così, giorno dopo giorno la guardavo, la osservavo e cercavo di interpretare e trasformare ciò che vedevo o pensavo di vedere; dove non arrivavo, dove non capivo mi confrontavo con Rossella che riusciva sempre ad aiutarla e ad aiutarmi.

Questo cambio di sguardo, e questo aumento di attenzione per ogni singolo gesto o comportamento mi aiutò tanto anche con Nicole. Siamo sempre attenti a ciò che ci viene detto perchè il canale uditivo è quello più semplice, ma se davvero iniziamo a vedere tutte le altre forme di comunicazione si apre un mondo verso l’altro. Così iniziai a guardare anche mio marito. Faceva fatica, molta fatica; era stremato fisicamente anche lui, pressato dai pensieri e anche lui sicuramente sentiva la nostra mancanza come me. Io però non potevo aiutarlo, stavo male anche io. Anche lui avrebbe avuto bisogno del suo ascolto e del suo sostegno.

Ascoltammo la mia dottoressa: quell’anno per le vacanze non andammo nella casa dei miei in Calabria. Fu una vacanza che sicuramente sancì un nuovo sguardo di Francesco su Noemi. Anche se condividere era sempre complicato per noi, l’amore tra noi c’era; io lo sentivo, solo che il dolore che provavamo entrambi soffocava tutto. Io non riuscivo a comprendere il suo tempo e la sua velocità per elaborare il suo dolore, e lui non riusciva a condividere il mio tempo e la mia velocità. Furono settimane di sguardi dolorosi, ma anche di tanti sorrisi. Noi 4 insieme stavamo bene.

Rientrati a casa iniziò l’asilo. Noemi aveva ottenuto 15 ore di sostegno settimanali, ma avrebbe frequentato l’asilo per 40 ore. Facevo fatica a comprendere; Noemi aveva l’autismo, e da quello che avevo capito la sua difficoltà più grande era quella di relazionarsi con ciò, e chi la circondava. L’asilo poteva essere il luogo più giusto per insegnarle a conoscere, stare, e giocare con gli altri bambini: non aiutarla totalmente, o comunque il più possibile, in quei momenti così preziosi voleva dire peggiorare il percorso che stava intraprendendo. Mi feci consigliare su chi contattare, e mi confermarono che per quell’anno non potevano modificare ormai nulla. Dovevo fare i conti con i limiti, quella volta non ho potuto fare nulla. L’educatrice che fu assegnata a Noemi si chiamava Francesca, da noi poi soprannominata “Checca“: una ragazza piena di vita, con un sorriso gioioso, ma anche molto ferma e decisa. Ci disse che era pronta a condividere quell’anno con noi con grande entusiasmo. Nelle poche ore che Checca passava con Noemi si mise subito in azione per portare avanti le indicazioni di Rossella. Non fu così semplice; un professionista Asl poteva accedere tranquillamente all’asilo, quello privato invece necessitava di un’autorizzazione del comune. Io non mi bloccai. L’Asl non c’era: quindi cosa facevamo? Noemi aveva bisogno che Checca continuasse il “lavoro“ di Rossella; era importante che tutti con Noemi si relazionassero nella stessa modalità. Chiamai in Comune e chiesi l’iter per richiedere un’autorizzazione per l’accesso all’asilo; dopo un bel pò di telefonate e qualche foglio firmato, Rossella riuscì ad accedere. Fu’ un anno di notti insonni, di corse tra asilo e terapia Asl a Casalecchio, terapie con Rossella, lavoro, e casa. La mia dottoressa mi diceva di verificare nella quotidianità la fattibilità e soprattutto le mie forze; mi disse di chiedere aiuto, e di farmi aiutare. Ne parlavo con Francesco ma era difficile fargli capire cosa realmente avveniva tutto il giorno; così correvo e non mi fermavo.

Rossella mi parlò di Agordo, un luogo dove lavorava una dottoressa che era una luminare dell’autismo; mi disse che sarebbe stato importante portare Noemi. In accordo con Francesco partimmo. Agordo era un posto tra le montagne con un’atmosfera unica. Due occhi blu, sereni e pieni di pace ci accolsero. Noemi fece delle valutazioni; al momento della restituzione la dottoressa non ci parlò di Noemi: ci chiese di noi, come stavamo, se avevamo dei momenti unici per noi due, se parlavamo, e come stavamo vivendo questo momento. Poi ci spiegò che Noemi e Nicole avevano bisogno di due genitori sereni e uniti. A noi sembrava impossibile pensare ad un tempo per noi, ci sentivamo già così in colpa con le bimbe. Chi aveva tempo? Sopratutto chi poteva stare con loro? Lei ci disse di crederci, di non mollare e di restare uniti. Sentii tutto, e tutto entrò nel mio cuore. Riguardo Noemi ci disse, con grande sicurezza e con un sorriso incredibile, che secondo lei continuando il lavoro che stava facendo, probabilmente avrebbe parlato. Ci raccomando’ di non mollare, di continuare seguendo le indicazioni di Rossella; ci disse che eravamo in ottime mani.

Quell’anno Nicole frequentava l’asilo parrocchiale Sacro Cuore di San Vincenzo di Galliera, che da poco aveva una nuova direttrice; tutti ne parlavano benissimo. Le chiesi un colloquio, al quale mi presentai con Rossella. Enrica, così si chiama la direttrice, mi accolse con grande serenità e accoglienza; le parlai di Noemi e di quanto Nicole si trovasse bene lì con loro. Le confidai il desiderio di iscrivere anche Noemi. Lei con grande onestà e professionalità mi chiese di aspettare, di pazientare, e di dare all’asilo un tempo per aprire le porte a Noemi nel migliore modo possibile. Io quel NO lo ricordo adesso con grande amore. La sua volontà, il significato del No mi arrivò tutto, ma in quel momento fu difficile accettare perchè voleva dire aspettare. Ero però sicura che a settembre Noemi avrebbe avuto l’accoglienza giusta. Sentii che per Enrica e per l’asilo Noemi non rappresentava un peso, ma un’occasione per crescere insieme. Volevano farlo nel miglior modo possibile. Uscii convinta che fosse la strada giusta per Noemi, bisognava solo aspettare… ormai mi stavo allenando all’attesa!

Il tempo passò, io continuavo a “lavorare“ dalla mia dottoressa; il percorso era ancora lungo. Ero molto preoccupata per Nicole: una sera mi confidò che le “bruciava il cuore”, che sentiva un fuoco dentro. Capii che Nicole doveva avere la possibilità di tirare fuori le sue emozioni; così la mia dottoressa mi spiego che era giusto per Nicole avere un sostegno, fare un percorso suo personale per elaborare quello che stava accadendo. Accompagnammo Nicole da una psicologa psicomotricista, persona che fu la sua salvezza. Iniziò un percorso lungo tre anni, anni che l’hanno portata ad essere la bimba serena e tranquilla che è oggi. A volte ci si dimentica, per le troppe pressioni, di supportare anche i fratelli o sorelle di bambini con disabilità; invece anche loro hanno bisogno, bisogno del loro spazio, bisogno di dire la loro senza sensi di colpa. Nicole è sempre stata una bambina molto intelligente e sensibile; a volte coglieva più lei che noi le difficoltà di Noemi, ma lei doveva permettersi di fare la sua vita le sue esperienze. Nicole doveva permettersi di non sentire il mio dolore, quello di suo padre, o le difficoltà di sua sorella.

Arrivò l‘estate, ed eravamo in attesa che Noemi iniziasse l’asilo Sacro Cuore. Avevo già sollecitato a Luglio l’assegnazione delle ore di sostegno congrue all’invalidità di Noemi per Settembre. Volevo partire alla grande; sentivo che quella era la grande occasione per Noemi, per me, per tutta la famiglia.

Una sera arrivammo al capolinea tra docce, cene, e pigiami. Noemi cadde dal letto; la verità è che si buttò letteralmente giù dal letto, davanti ai miei occhi. Vidi proprio Noemi lanciarsi incurante del pericolo; capii che Noemi non percepiva il pericolo. Chiamai Rossella, che accolse il mio pianto, e mi confermò che avevo visto bene. Quella sera compresi bene che non ce la facevo più. Noemi aveva la bocca piena di sangue, si era rotto un dente. Nicole spaventatissima corse a chiamare Adriana, mentre io piangevo disperata. Adriana si prese cura di Noemi, di Nicole, e di me. Non ero stata capace; non ero riuscita a fermare Noemi. Ero arrabbiata con me stessa, ma anche arrabbiata con Francesco. Lo chiamai; lui era a Torino. Gli urlai tutto il mio dolore, tutta la mia paura per qualcosa che non riuscivo più a gestire. Non avevo solo due bimbe da gestire, avevo due bimbe e Noemi che aveva l’autismo. Non potevo stare da sola, era troppo difficile in quel periodo per me. Nicole aveva bisogno, e Noemi aveva bisogno. Erano due bisogni diversi, che a me non erano neanche chiari. Stavo imparando, avevo bisogno di aiuto e di altro tempo per imparare.

Francesco quella sera capii che non ne potevo più, che ero arrivata, ed accettò di cercare una baby-sitter per Nicole. Volevamo cercare qualcuno che potesse aiutarmi con Nicole mentre io seguivo Noemi nella gestione del pre-cena.

Iniziai a chiedere in paese. La maestra di asilo di Nicole mi diede un numero di telefono da contattare. Mi disse che secondo lei era la persona giusta per noi, ed aveva ragione.

Così arrivo Marika.



Noemi e Rossella , poesia pura
Ogni momento era importante per guardarsi, per condividere.
Francesco e Noemi un intesa unica.
Un video lungo 7 minuti per cercare il suo sguardo per condividere.
Cantavo mille canzoncine per interessarla.
Agordo, un luogo magico
Anche a Natale non ci fermavamo
Era difficile per Nicole giocare e interessare Noemi
Le bolle la sua passione .
Prima parola :”Occhiali”
Rossella mi diceva” L’imitazione è importantissima “.
“Le provavo tutte, e alla fine …emozioni immense “

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